“Un cliente mi ha proposto il tu, ma io preferirei rimanere al lei” – mi chiede Paolo M., imprenditore di Milano – “Come faccio a comunicarglielo senza sembrare scortese?“
Una volta l’appellativo “tu” – in sé poco formale – era riservato agli amici stretti, ma da qualche anno il trend va verso un ‘tu per tutti’, amici, conoscenti, colleghi, capi… Da un lato è un vero peccato, perché si perde quella differenza tra amicizia profonda e conoscenza, quel valore aggiunto a un tipo di relazione più intima, a cui dare un appellativo diverso. Finché si era solo vicini di casa, ci si dava del lei. Se sbocciava l’amicizia, si passava al tu. D’altronde però ora i ritmi di vita sono diversi, e nell’epoca in cui si instaurano relazioni attraverso Tinder & co., è anche giusto ammorbidire le regole.
Le norme del galateo tradizionale dicono:
- l’anziano può proporre il tu al giovane
- la Signora può proporre il tu a un Signore
- chi occupa il rango superiore può proporre il tu a quelli di rango inferiore.
Negli anni anche queste regole si sono alleggerite molto, un Signore può proporre il tu a una Signore se sono della stessa generazione. Se una persona è molto più anziana dell’altra, vale la prima regola, se la differenza d’età è meno di 20 anni entrambi possono proporre il tu. Nella vita professionale invece conta sempre il rango. Quindi il capo/la capa propone il tu all’assistente, il cliente al fornitore, la segretaria al praticante…
Nel caso di Paolo, il cliente (che occupa il rango superiore) ha proposto il tu al fornitore. Generalmente è molto difficile rifiutare, ma esistono dei trucchi per farlo. Prima di tutto ci vuole una spiegazione. Nella vita professionale potrebbe essere: “Grazie mille della sua proposta, ne sono onorato. Nella vita professionale però preferisco il lei.” “Mi sento onorato, grazie mille. Trovo però che nel business il lei abbia tanti vantaggi rispetto al tu, preferirei quindi rimanere in ufficio al lei.” Nella vita privata invece: “Grazie della sua proposta, è stato molto gentile. Faccio veramente tanta fatica a passare al tu, la prego di non pensare male, ma sono talmente abituata/o a dare del lei che rischio di dimenticarmene continuamente.” Sicuramente risulta più simpatico accettare il tu proposto, e – se proprio non ci piace come appellativo – trattarlo come lo you inglese. Con la dovuta distanza 🙂